“Sos Buoni Pasto”, la Fipe chiede tutela per gli esercenti
- 10 Aprile 2018
- Posted by: amministratore
- Categoria: Il Commercio

Buoni pasto sempre più indigesti: aumentano a vista d’occhio i punti di ristoro che non accettano i ticket dai clienti.
In Italia sono circa 2,2 milioni i dipendenti che usufruiscono dei buoni per poter pagare la propria pausa pranzo, ma sempre più spesso nei vari locali ci si imbatte nella scritta “non si accettano buoni pasto”. Per prima cosa bisogna sottolineare chi sono le quattro parti interessate: le aziende che decidono di dare i buoni ai propri dipendenti, le società che realizzano i ticket, i ristoratori che li riscuotono e i clienti che li spendono.
Ma qual è il motivo che induce i titolari degli esercizi a rifiutare i ticket? Di fatto il mercato dei buoni è andato in corto circuito, e per non evitare il collasso, c’è bisogno di una svolta immediata. Si è creata una sorta di effetto domino, causata dalle gare d’appalto che mettono in moto il meccanismo per erogare i ticket. Si tratta di gare al ribasso dove le società che emettono buoni sono disposte a concedere grossi sconti a chi richiede il servizio. Questo chiaramente porta problemi diretti ai ristoratori: per non andare in perdita, le società vincitrici delle gare d’appalto, si rifanno sui bar e sui ristoranti che aderiscono al contratto, chiedendo pagamenti di micro commissioni su ogni buono pasto riscosso e applicando trattenute quasi impercettibili, creando di fatto una tassa supplementare che gli esercenti si sono stufati di pagare.
Semplificando la cosa, ecco un esempio di come funziona il meccanismo: il datore di lavoro decide di acquistare per i suoi dipendenti buoni pasto da 5,29 € l’uno, ma grazie allo sconto che riesce a risparmiare in gara d’appalto (anche del 20%), lo paga 4,23 €: questo vuol dire che una delle società che realizzano ticket, ha deciso di guadagnare un euro in meno a buono pasto. Ma parte di quell’euro lo recupererà poi in seguito grazie alle costanti commissioni da far pagare agli esercenti in cambio della garanzia di una clientela fidelizzata nella pausa pranzo settimanale.
Altro problema dei buoni pasto è il ritardo nel pagamento dei ticket ricevuti dai clienti: si può passare dagli otto mesi, fino ai due anni di attesa. Ma chi realmente ci guadagna? Nel caso dei bandi per i rimborsi pasto ai dipendenti della pubblica amministrazione, c’è un solo soggetto che può avere un reale tornaconto: la Consip, che approfitta dei super sconti e risparmia fino a 350 milioni all’anno, ed è una buona notizia trattandosi di risparmio pubblico. Quello che però non è gradito, è “risparmiare sulle spalle degli esercenti privati, con una tassa occulta.” Questo è il pensiero di Roberto Calugi , direttore generale della Fipe , che ha appena avviato l’iniziativa “Sos buoni pasto” per mettere fine alle anomalie del sistema. La proposta è stata accettata anche da Fipe-Ascom Vercelli , al fine di aiutare le aziende che accettano i buoni pasto e che spesso devono affrontare numerosi problemi, a partire dal mancato rimborso, per tramite delle associazioni provinciali.
Lo Sportello “Sos Buoni Pasto”, attivo su tutta la provincia di Vercelli, intende assicurare un duplice servizio: da un lato una tutela legale in convenzione e dall’altro un servizio di assistenza diretta per aiutare i soci nelle problematiche, diverse dal mancato rimborso, sorte con le aziende emettitrici. Insomma, in attesa di nuove leggi i commercianti chiedono maggior rispetto per i loro esercizi: è un primo passo per far invertire la rotta.
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Source: Il Commercio
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“Sos Buoni Pasto”, la Fipe chiede tutela per gli esercenti