Il luogo abbandonato che è tornato a vivere: Instabile Portazza

instabile portazza bologna

Dalla periferia di Bologna arriva una bellissima storia di riappropriazione di spazi abbandonati, di auto-organizzazione, di cittadini che di fronte al degrado e alla mancanza di spazi sociali si rimboccano le maniche e agiscono, senza aspettare interventi che molto probabilmente non arriverebbero mai.

È la storia di Instabile Portazza, fino a pochi anni fa un inquietante palazzone abbandonato, degradato da agenti atmosferici e da atti vandalici, desolatamente vuoto e invaso esclusivamente da vegetazione spontanea.

Jacopo e Luca sono due ragazzi che fanno parte del gruppo di cittadini che hanno deciso di ridare vita a questo ammasso di cemento e farlo diventare un bene a disposizione della comunità. “Nel 2014, grazie alla social street di zona – racconta Jacopo – abbiamo deciso di intervenire per migliorare questa struttura che stava cadendo a pezzi. Facendo delle ricerche e un breve sondaggio abbiamo capito che l’interesse di tutti era quello di trasformarlo in uno spazio per la comunità.”

Il progetto ha fin da subito ottenuto diverse adesioni e condivisioni. Dopo i primi incontri con i residenti si è capito immediatamente che ciò che mancava in questo quartiere erano gli spazi sociali dove ritrovarsi, dove svolgere attività, coltivare relazioni umanitarie.

“Abbiamo raccolto le idee ed elaborato un progetto parlando con gli interlocutori – ACER e Comune di Bologna – e siamo partiti”. La prima mossa attuata è stata di ristrutturarlo, renderlo di nuovo vivibile. Ma come fare senza soldi e senza attrezzature? Semplice: con la condivisione!

La domanda è stata: “Quali sono le nostre competenze? Quindi ci siamo affidati alla condivisione dei saperi: due domeniche al mese ci siamo ritrovati all’in-cantiere e ciascuno trasmetteva agli altri le proprie competenze, spiegava cosa fare e come farlo e imparava ciò che non sapeva».

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Tutti insieme, i cittadini della zona si sono messi in gioco, hanno dedicato tempo e sudore al progetto e hanno creato un contenitore. Al progetto hanno preso parte circa 200 cittadini e 30 organizzazioni del territorio e al suo interno sono stati definiti un progetto di recupero e un modello d’uso futuro dell’edificio, chiamato Community Creative Hub. Dopodiché è partita la seconda fase: riempirlo! Questo è stato possibile grazie al nutrito gruppo di associazioni che partecipano all’iniziativa, come Promuovo, Architetti di strada, Leila, Camelot, Metropolis. «Da soli – ammette Jacopo – non andremmo da nessuna parte».

Dopo quasi quattro anni la trasformazione non è ancora completa, ma questo non-luogo è tornato a vivere. È davvero entusiasmante vedere che là dove prima c’erano polvere, rifiuti e calcinacci oggi si svolgono concerti, corsi di auto-costruzione, cineforum, repair cafè, lezioni di musica e tante altre attività.

 Giovani e anziani si ritrovano e stanno insieme, riappropriandosi degli spazi comuni. Centinaia di cittadini e decine di associazioni hanno dimostrato che far rinascere e riqualificare il territorio è possibile: dal basso, in maniera condivisa e partecipata, senza tanti soldi, ma con consapevolezza e voglia di fare!

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Source: Il Commercio
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